Mike D’Antoni: ”Grazie a Dino ho vissuto gli anni migliori della mia vita”. Bob McAdoo: ”Dino, l’11 era il mio numero, ma sono felice di averci rinunciato per te”
Bob McAdoo aveva vinto il titolo di MVP nella NBA quando giocava a Buffalo e indossava la maglia numero 11. Non la abbandonò più, per 14 stagioni nella NBA, nemmeno ai Los Angeles Lakers con cui vinse due titoli diventando un sesto uomo eccezionale. Ma quando firmò per Milano nella tarda estate del 1986 scoprì che il numero 11 non era disponibile. “All’inizio non ero contento, non mi piaceva…”, ammette. Poi conobbe meglio il proprietario dell’11. “Non so dire quanto sono orgoglioso che quel numero l’abbia indossato Meneghin. Fare il discorso di presentazione alla Hall of Fame nel 2003 è stato un onore”, dice. Quando un giocatore viene eletto, la tradizione vuole che venga presentato da un altro membro. Meneghin scelse McAdoo. McAdoo raccontò di quanto fosse difficile emergere in Europa.
Mike D’Antoni l’aveva scoperto già da qualche anno. D’Antoni arrivò a Milano molto prima di Dino Meneghin, ma per vincere dovette aspettare il suo acquisto nell’estate del 1981. “Grazie a Dino ho vissuto gli anni migliori della mia vita”, dice nonostante sia stato successivamente due volte allenatore dell’anno nella NBA. “Dino è un mio amico, era grande a fare gli scherzi e tutti i nostri compagni sanno di cosa sto parlando. Ci siamo vendicati con la trasmissione Scherzi a Parte, grazie a Enzo Lefebre”, ricorda.
Russ Schoene arrivò a Milano dalla NBA, ma era un ragazzo giovane. ”Non sapevo nulla della squadra, ma Coach Dan Peterson mi disse semplicemente Russ, Russ, non preoccuparti, abbiamo Dino Meneghin. Negli anni successivi ho capito cosa significasse. Lui voleva vincere ed era pronto a sacrificare tutto per vincere. Un vero leader”, racconta da Seattle dove vive. Ken Barlow invece era un vero rookie quando arrivò nel 1986 assieme a McAdoo. Barlow rimase solo un anno a Milano, ma fece in tempo a vincere… tutto. Quello infatti fu l’anno del Grande Slam. “Dino è un grande campione, un guerriero, un amico, ma dopo trenta anni per me è soprattutto un fratello”, dice Barlow.