Il ringraziamento della FIP alle Azzurrine U20 Campionesse d’Europa
Era l’ultimo ballo, quello di Klatovy, e loro lo sapevano.
E l’ultimo ballo non poteva essere banale, per un gruppo abituato da 5 anni ad avere gli occhi addosso.
La rivelazione al mondo per il gruppo 1999-2000, a Matosinhos. Estate 2015. Arrivò un terzo posto amaro, col retrogusto di chi si sentiva la più forte dell’Europeo e invece cadde in semifinale con la Repubblica Ceca.
Quel gruppo allenato da Giovanni Lucchesi, oltre a vincere, segnava una piccola rivoluzione culturale e svelava un’Italia inedita. Talento ma anche centimetri, stazza e faccia tosta. Sotto canestro Cubaj, Trucco e Madera, sul perimetro la lucida follia (tra le altre) di Pinzan, Verona, Fassina, Del Pero e Ianezic.
Nel 2016 tornammo da Saragozza con un’altra Medaglia. Era d’Argento ma valeva quanto un Oro europeo perché a batterci in finale fu l’Australia. Seconde al Mondiale, faceva quasi impressione scriverlo. A conferma che a Matosinhos un anno prima si era lasciato qualcosa per strada.
L’anno dopo, però, a Sopron ecco la doccia gelida. Prima fase chiusa in testa ma tanti (forse troppi) occhi addosso e una pressione evidentemente insostenibile per 12 diciottenni per le quali la parola sconfitta non doveva essere contemplata. Il 9 agosto 2017 fu la Slovenia, fino a quel momento a digiuno di vittorie, a trasformare il sogno in incubo. Fuori agli Ottavi di finale, 12 mesi dopo aver steso Canada e Cina. La generazione dorata si è arrugginita, pensò qualcuno. La magia si è interrotta, sussurrò qualcun altro. L’Italia chiuse l’Europeo al decimo posto, piegata poi anche dalla Russia. Doloroso fu il ritorno alla realtà e non meno amaro nel 2018 è stato l’epilogo per le cinque Azzurre (Trucco, Smorto, Ianezic, Verona, Del Pero) che sempre a Sopron sono volate in semifinale prima di essere battute da Serbia (overtime…) e Paesi Bassi. Il podio vissuto a bordo campo e con la Maglia Azzurra ancora sudata. Esiste cosa peggiore?
Questo di Klatovy 2019, dunque, era l’ultimo ballo. A coronamento di cinque anni di gioie e dolori, medaglie e cadute, sogni e incubi. Una squadra così poco banale non poteva rassegnarsi a un ultimo episodio della Serie dall’epilogo scontato. E infatti l’esordio traumatico con i Paesi Bassi sprecando il +5 nel finale e poi il -18 con la Francia. A referto 34 punti in 40′.
“O noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente”, diceva qualcuno qualche anno fa o forse anche l’altro giorno a Klatovy Sandro Orlando, che da Lucchesi ha ricevuto il testimone lo scorso anno.
A pagare la conseguenze dell’Anticiclone emotivo delle Azzurre è stata la Germania il giorno dopo, sepolta 74-33, e poi una dietro l’altra ci hanno lasciato strada Repubblica Ceca, Spagna, Francia e Russia. Perché se vuoi lasciare al mondo un’eredità di Eccellenza, tutta le forme di Eccellenza devi battere. Senza sconti. Senza scorciatoie.
Implacabili, le Azzurre. Implacabili. Tutte vittorie di rincorsa, incassando colpi e restituendoli, arrampicandosi sulle altrui difficoltà. Sempre facendo la differenza negli ultimi minuti, anche quando la partita sembrava andata. A voler esorcizzare quel cronometro che a Sopron prima ci illudeva e poi ci feriva.
Un Oro, un Argento e un Bronzo al collo di questo gruppo in cinque anni di competizioni Giovanili.
Matosinhos. Saragozza. Sopron. Klatovy. Città belle ma dimenticabili, per un gruppo bellissimo e indimenticabile. L’ultimo Ballo è stato il più emozionante.
Titoli di coda, ora, con l’Inno di Mameli cantato a squarciagola in sottofondo.
GRAZIE AZZURRE!