Scomparso ieri all’età di quasi 98 anni, Salvatore Peraino fu insignito con la Stella d’Oro Coni per meriti sportivi e allenatore benemerito

E’ scomparso ieri a quasi 98 anni il “Ragioniere” Salvatore Peraino, figura storica della pallacanestro stabiese, sorrentina, campana e nazionale. Fin da ragazzino ha dedicato la sua vita alla diffusione della pallacanestro, prima da giocatore, poi da allenatore e dirigente guidando e formando, nel tempo, intere generazioni di giocatori e giocatrici.

Pioniere ed artefice dell’origine del basket a Castellammare di Stabia, fino a 90 anni in panchina a Sorrento, nel 2000 “Stella d’Oro” del Coni al merito sportivo.
Toccante il ricordo da parte di Nuova Polisportiva Stabia & Basket Team Stabia per Peraino:
”Fin da ragazzino a 13 anni ha dedicato la sua vita alla diffusione del nostro amato sport, prima da giocatore, poi da allenatore e dirigente.
Pioniere ed artefice dell’origine del basket a Castellammare, fino a 90 anni in panchina a Sorrento, nel 2000 “Stella d’Oro” del Coni al merito sportivo. Da parte di Nuova Polisportiva Stabia & Basket Team Stabia le più sentite condoglianze alla famiglia Peraino e agli amici della POLISPORTIVA SORRENTO e Magic Basket Sant’Agnello. Ci fa piacere ricordarlo con un estratto di una sua intervista tratta dal libro “Il Basket Stabiese dalle origini al 1980”:

«La pallacanestro iniziò a diffondersi in Italia nel 1921 e arrivò nelle periferie in pieno regime fascista. Questo nuovo sport doveva fare i conti con il calcio e la ginnastica che monopolizzavano le attività agonistiche e dilettantistiche degli italiani; all’epoca non c’erano i luoghi del basket ma si giocava all’aperto nei campi di terra battuta degli istituti scolastici, senza tribune e con gli spettatori tutti in piedi. I campi erano segnati con righe di calce che dopo alcuni minuti di gioco scomparivano. A Castellammare si cominciò a fare basket nel 1934 utilizzando il campo della Scuola Media Stabia e prima di giocare bisognava tappare tutte le buche per rendere agevole il rimbalzo del pallone; vestivamo con braghe di tela e canottiere di lana ispida. I tabelloni erano di legno e si utilizzava un pallone di cuoio chiamato pallonessa, fatto a mano, la cui cucitura a filo era un ostacolo in più da affrontare nel palleggio. Dovevamo aver cura dell’unico pallone perchè se malandato e sbilenco bisognava portarlo dal calzolaio per ricucirlo.»