Pozzecco: ”La società aveva inserito nel contratto una clausola di uscita che le consentiva di valutare se prolungare la mia permanenza o meno. Speravo che il presidente si convincesse a togliere la clausola e Sardara l’ha effettivamente tolta dopo un mese vedendo che le cose andavano bene”

Un anno di Gianmarco Pozzecco, o meglio: appena cinque mesi di Gianmarco Pozzecco alla Dinamo Banco di Sardegna Sassari.

Questo il reale lasso di tempo trascorso dall’ingaggio in quel di Sassari di Pozzecco, a febbraio, in luogo del dimissionario Vincenzo Esposito; cinque mesi per portare la Dinamo sino a Gara-7 di Finale scudetto collezionando ventidue incontri senza mai conoscere la parola sconfitta, collezionando consensi ed emozioni mantenendosi sempre fedele a se stesso con una coerenza difficilmente rilevabile nella società attuale.

Il Coach della Dinamo Banco di Sardegna, al termine della sua prima esperienza alla guida dei giganti, si è raccontato a Sardegna Live:

”Quando sono arrivato ho firmato un contratto fino a giugno, con possibilità di rinnovo per altri due anni. La società aveva però inserito una clausola di uscita che le consentiva di valutare se prolungare o meno la mia permanenza.
Io speravo che il presidente si convincesse a togliere la clausola e Sardara l’ha effettivamente tolta dopo un mese vedendo che le cose andavano bene. Quindi se ero contento prima, lo sono ancora di più oggi.

Ho allenato in posti dove avevo giocato come Fortitudo e Varese, lì ho pagato il fatto di avere un coinvolgimento sentimentale forte. Qui a Sassari non ho mai giocato ma oggi ho un coinvolgimento uguale a quello di Capo d’Orlando, Fortitudo e Varese. Poi noi siamo professionisti e ci sono logiche che non puoi prevedere, ma adoro questo posto ed è l’unica cosa vera. Il rapporto che le persone hanno con me, l’affetto che mi dimostrano quotidianamente dopo solo cinque mesi è incredibile.

Il saluto che il nostro popolo ci ha tributato è stato incredibilmente bello, mi rende felice ma voglio che i riflettori siano puntati sui miei ragazzi. Provo più soddisfazione quando vedo la gente attorno a Marco, Achille, Jack e gli altri anche se chiaramente vivo di emozioni. Mi si scioglie il cuore quando faccio le foto coi bambini che fanno i muscoli con me, Achille o Rashawn. Mi rendo conto che la gente è molto affezionata a me, ma i protagonisti sono i ragazzi. La mia fidanzata è arrivata qualche settimana fa e l’avevo avvisata di quanto la gente fosse affettuosa. Abbiamo vissuto insieme altri contesti e sa che la gente mi riconosce, ma l’avevo avvisata del fatto che non avevo mai visto una roba del genere. Una continua dimostrazione di affetto di cui, nonostante l’avessi avvertita, è rimasta stupita anche lei. La cosa che mi sorprende è che non c’è un target, si va dal ragazzino alla signora più anziana.

Sul rappresentare non solo Sassari ma tutta la Sardegna? Non ho una buona memoria e non ricordo quando abbia parlato per la prima volta in conferenza della Sardegna. La sensazione che avessimo un’Isola dietro ce l’ho avuta fin da subito. Se non ci ho messo tanto a capirlo significa che è una cosa forte, un sentimento che vivi quotidianamente. Quando giochiamo nella penisola incontriamo sardi di Nuoro, Oristano o Cagliari che ci sostengono con un affetto che è lo stesso dei sassaresi. Un sentimento simile l’ho avvertito solo in Sicilia, è un fatto che va al di là dello sport. Il sardo è sardo, punto. Trovo bello come i sardi, pur sentendosi parte dell’Italia, avvertano una propria identità distinta che si esprime anche nelle tradizioni che avete conservato. Ho visto la Cavalcata Sarda, è qualcosa che nelle altre parti d’Italia non esiste, si è persa, è straordinario.

Prima di venire in Sardegna ero professionalmente quasi finito. La considerazione che aveva di me il mondo della pallacanestro era ai minimi termini per degli errori che avevo commesso da allenatore. Nella mia testa ero in pensione. Sono capitate due cose: la follia di Sardara che mi ha dato questa opportunità e il fatto di essere catapultato da un’Isola bellissima come Formentera a un’Isola altrettanto straordinaria come questa. Ho conosciuto un contesto straordinario dove per me è un po’ più semplice dare il meglio di me stesso e mascherare i miei difetti. Sono una persona un po’ particolare che vive molto di sentimenti e, nel momento in cui mi trovo in un contesto confortevole, riesco a creare attorno a me qualcosa di felice. Quando vivi in un contesto felice anche professionalmente riesci a dare qualcosina in più. Mi è cambiata la vita per questo motivo.

Avevo promesso ai ragazzini che si sono iscritti al Camp della Dinamo che avrei partecipato anche io quindi andrò a Olbia e passerò qualche giorno con loro. Poi andrò una settimana a casa mia a Formentera, il 5 luglio andiamo con Pasquini, Stefano e gli assistenti a Las Vegas a vedere la Summer League e seguire qualche giocatore per il prossimo anno. Il mio primo desiderio è quello di confermare più giocatori possibile. Se durante l’anno affermavamo che questi sono ragazzi straordinari è perché lo abbiamo pensato realmente, quindi abbiamo questa voglia. Poi i giocatori hanno una carriera molto corta quindi se hanno opportunità di lavoro stimolanti come giocare in NBA o in EuroLeague vanno capiti. E’ normale che possano valutare scelte diverse da quella di rimanere a Sassari. Tuttavia ho la consapevolezza che tutti siano estremamente affezionati a questo posto e a questi tifosi, quindi dovranno trovarsi di fronte a delle offerte nettamente più vantaggiose rispetto a quello che possiamo offrirgli noi per accettarle”.