Mi chiamo Giuliano Loperfido, faccio l’allenatore di pallacanestro ed ho una storia abbastanza triste da raccontare.
A cominciare dalla stagione sportiva 2016/2017 fino a giovedì 20/09/2018, ho lavorato presso Fortitudo Academy, il settore giovanile di Fortitudo Pallacanestro Bologna 103. Il primo anno ho seguito l’annata 2002 nel campionato under15, mentre nella stagione successiva ho allenato lo stesso gruppo nel campionato under16. A febbraio 2018 la società, nella figura del Responsabile tecnico del settore giovanile Federico Politi, mi ha chiesto la disponibilità per l’anno sportivo successivo, quello attualmente in corso, disponibilità che ho immediatamente confermato, accettando quindi di non valutare eventuali offerte mi fossero pervenute di li in avanti. Verso la metà del mese di giugno 2018, ad attività agonistica dei gruppi ormai terminata, lo stesso Federico Politi mi ha proposto la possibilità di allenare per la stagione 2018/19, il gruppo under 18, quest’anno composto dai nati nel 2001 e 2002 con l’aggiunta di tre fuori quota del 2000. Ho accettato con l’entusiasmo di un bambino, dato che, non solo ho sempre avuto il sogno di allenare nel massimo campionato giovanile, ma avrei potuto farlo con un gruppo molto forte (i 2000 e i 2001, sotto la guida di coach Matteo Lolli, erano reduci da un doppio viaggio alle finali nazionali di categoria nelle due stagioni precedenti) oltretutto con ampi margini di miglioramento.
Proprio in nome di questa grande eccitazione, assieme al mio bravissimo assistente Andrea Gatti, abbiamo risposto alla chiamata estiva di diversi ragazzi che non volevano stare fermi due mesi interi e abbiamo portato avanti allenamenti individuali per tutta l’estate, anche nei mesi di luglio e di agosto, periodo fuori dagli accordi economici. Lo abbiamo fatto senza ovviamente chiedere un soldo, per pura passione e, più di ogni altra cosa, per costruire un rapporto con i giocatori e far loro capire quanto la nostra priorità fosse metterci a disposizione della loro voglia e necessità di migliorare.
Il 20/08/2018 inizia ufficialmente l’attività per la stagione 2018/19. Dopo circa dieci giorni di lavoro, durante un allenamento, vengo interrotto dal responsabile del settore giovanile che si presenta al campo in compagnia dell’ex giocatore Gregor Fucka e me lo presenta limitandosi però alle generalità. Nessuna precisazione su che eventuale ruolo, mansione, incarico dovesse ricoprire (dai giornali, ma solo da quelli, abbiamo poi appurato dovesse essere una specie di appoggio al responsabile del settore giovanile). Dal giorno successivo l’ex giocatore Gregor Fucka è costantemente in palestra a tutti gli allenamenti delle varie squadre, facendo domande sui programmi, chiedendo di vedere i piani di allenamento ed iniziando anche ad inserire all’interno della programmazione allenamenti fatti da lui, senza MAI e ripeto MAI, chiedere almeno un confronto con chi la squadra la stava realmente allenando, almeno per evitare di proporre esercizi e concetti in aperto contrasto con quanto era stato fatto fino a quel momento (eventualità poi ovviamente verificatasi).
Questa situazione ai limiti del sostenibile si protrae fino a Domenica 16 settembre, quando, di ritorno da una partita amichevole assieme al mio staff, una persona informata dei fatti, che non nomino esclusivamente per evitare di causarle fastidi di qualsiasi tipo, mi informa privatamente che la società ha già preso la decisione di togliermi la squadra per affidarla all’ex giocatore Gregor Fucka. La notizia ovviamente mi devasta, ma dopo un primo momento di rabbia e smarrimento, in cui contemplo anche le dimissioni immediate, decido di tenere duro e mettere chi di dovere di fronte alle proprie responsabilità. Se vogliono mandarmi via, mi dico, dovranno farlo loro, auspicabilmente anche motivandolo in maniera adeguata. Questo mi porta, nei tre giorni successivi, ad andare in palestra con la morte nel cuore, sapendo che il mio sarà un lavoro a termine, ma cercando di fare in modo che i ragazzi non lo capiscano. Quindi alleno. Urlo, mi sbraccio, correggo, corro su e giù per il campo, mi agito e a fine allenamento, col cuore nelle scarpe, do appuntamento al giorno successivo, senza effettivamente sapere se a quell’appuntamento potrò o meno presentarmi.
Finalmente (anche se non credo sia la parola giusta), Giovedì 20 settembre vengo convocato tramite sms ad una riunione in sede. Assieme a me seduti attorno ad un tavolo ci sono il presidente di Fortitudo Pallacanestro 103 Christian Pavani, il presidente di Academy Fortitudo Pietro Segata, il presidente di Happy Basket Castel Maggiore Stefano Giannasi, il responsabile del settore giovanile di Academy Fortitudo Federico Politi e l’ex giocatore Gregor Fucka. Mi viene comunicato che la società ha fatto un grosso investimento per portare a Bologna il suddetto ex giocatore e che, data la sua richiesta di voler allenare un gruppo del settore giovanile, gli è stato garantito un periodo cuscinetto in cui valutare i giocatori delle varie annate (u15 nati nel 2004, under16 nati nel 2003 e under 18 del 2000/01/02), per poter decidere con cognizione di causa, “su quale gruppo indirizzarsi” (cito le testuali parole). Ricordo a tutti che nessuno e ripeto NESSUNO della società, ha mai introdotto Gregor Fucka agli staff del settore giovanile, nè ne ha mai specificato il ruolo o le eventuali mansioni.
Sicchè, al giorno 20 di settembre, mi sono sentito dire che la squadra che avrei dovuto allenare io, quella per cui avevo dato la disponibilità a febbraio, quella che mi era stata affidata a giugno, quella per cui avevo rifiutato tutte le proposte che mi erano arrivate durante l’estate, quella i cui giocatori avevo allenato individualmente per tutto luglio e fino al 9 di agosto, quella con cui ho lavorato a pieno ritmo dal 20 dello stesso mese fino a quattro giorni fa, sarebbe invece stata allenata da un altro, senza che a me venisse contestato alcunché, né a livello tecnico, né a livello disciplinare. Semplicemente fuori tu, dentro lui, che ha un nome più importante.
L’ultima (l’unica?) cosa che mi resta da fare è augurare ai ragazzi con cui ho avuto l’onore di condividere il campo in questa sfortunata esperienza, la migliore stagione e la migliore carriera possibile. Se lo meritano perché amano molto quello che fanno e traboccano di passione. Ogni allenamento è stato significativo ed importante, ogni confronto con loro è stato arricchente e credo proprio mi mancherà moltissimo l’opportunità di giocare e vincere con loro.

Qualche anno fa ho letto una poesia che mi è rimasta in mente. Si intitola “I sing of Olaf, glad and big” ( E.E. Cummings) e racconta le vicende di Olaf, un disertore dell’esercito americano che, durante la prima guerra mondiale, venne torturato ed ucciso per il suo rifiuto ad imbracciare le armi. All’interno del poema c’è questo verso: “Olaf (su quelle che una volta erano le sue ginocchia), ripeteva quasi senza sosta: c’è della m***a che non mangerò”
Ecco. In queste parole risiede per intero, la ragione per cui volevo raccontare questa storia abbastanza triste

Brevissima nota a margine: il mio bravissimo assistente Andrea Gatti, cui nessuno si è sentito in dovere di spiegare la situazione e magari di sondarne voglia e disponibilità a proseguire il lavoro con un compagno di viaggio diverso, si è dimesso cinque minuti dopo il mio allontanamento. Ci tengo a precisare che non è stata una scelta di solidarietà nei miei confronti, ma una palese non accettazione del modus operandi di questa società. E aggiungo che uno dei grandi valori che porta con se questa professione, è la possibilità di incontrare persone vere, capaci di tenere distinte ambizione e comportamenti, obbiettivi ed etica. Andrea è una di queste persone e sono davvero felice di averlo incontrato, conosciuto e di poterlo chiamare amico.

Giuliano Loperfido