Difficile fare sport quando a mancare, in generale, è il concetto di base che ne deriva
Durante una partita under 13 giocata in provincia di Brescia tra Amico Basket Carpenedolo e Negrini Pallacanestro Quistello 1996, il coach dei padroni di casa Marco Giazzi ha deciso volontariamente di ritirare dal campo la sua squadra richiedendone, inoltre, la sconfitta a tavolino per i gravi e reiterati insulti che alcuni presenti, assiepati sulle tribune, stavano rivolgendo all’arbitro (nemmeno quattordicenne ndr), ai giocatori ospiti ma soprattutto ai suoi stessi giocatori in più frangenti.
In un post esplicativo su facebook, Giazzi spiega l’intera vicenda:
”Oggi più che mai abbiamo bisogno di segnali forti nello sport giovanile.
Ore 11:00, gara under13 come ce ne sono tante, in casa, con il miniarbitro classe 2005 che calca i parquet per le prime volte, a due mesi dal corso.
Salto a due e subito dagli spalti “fischi solo a loro, e ma guarda, è passi, è fallo, non ci vedi?”, con intensità sempre maggiore. Finisce il primo quarto, siamo sopra!
Inizia il secondo, la musica non cambia, sempre la stessa “è un massacro, e i falli, e le mani addosso, non ci vedi, quello è antisportivo, e questo non lo vedi?”. I ragazzi si innervosiscono, aumentano le scorrettezze in modo proporzionale alle proteste del pubblico.
Siamo ancora sopra, +10, una gioia immensa visto che veniamo da 6 sconfitte consecutive……………..ma poco importa!
Si riparte con la terza frazione, fallo tecnico a un giocatore, che ha perso le staffe. La platea impazzisce, “tu sei un criminale, gli hai fatto male apposta”, “che cazzo dai tecnico, vergognati coglione, vai a rifare il corso, quanto ti pagano?”, di più, di più e ancora di più.
Stiamo vincendo bene, 43 a 33, un mio giocatore fa un fallaccio, non fischiato dall’arbitro. E giù insulti. Non ne avevo necessità, ma decido di chiamare un time out.
Mi avvicino ai genitori sugli spalti e dico: “vi state rendendo conto di cosa sta succedendo? Noi qui in campo stiamo giocando a basket tutti insieme, ci lasciate fare ciò che ci piace in pace? E poi, potete smettere di protestare e insultarci?”
La risposta non è tardata. “Vergognati, deficiente, non devi dire a noi quello che dobbiamo fare, e poi la tua squadra non gioca a basket, chiamalo rugby o pugilato ma il basket è un’altra cosa”.
Gara sospesa nel terzo quarto, sul +10 per noi. Ritiro la squadra e spiego ai ragazzi la scelta. Non è colpa loro.
Chiedo l’omologazione 0-20, perché è stata una mia scelta il non voler giocare in questa situazione, e sinceramente né a me né ai miei ragazzi conta vincere ma fare ciò che ci piace nel clima più sereno possibile.
Ore 13:00. Fisso la palestra e non c’è più nessuno. Un vuoto.
Stamattina non hanno perso i ragazzi in campo…ma il basket, lo sport.”
Quante volte ancora dovrà perdere il basket e, più in generale, lo sport in questo paese prima di iniziare a comprenderne appieno il reale significato? Quante?