Il play classe 2003 del Real Madrid farà il suo esordio questa sera con la canotta della Nazionale a Napoli. Con i suoi 17 anni compiuti a gennaio è il terzo giocatore più giovane di sempre dietro Nesti e Dino Meneghin

Matteo Spagnolo si è raccontato a Mario Canfora de ‘La Gazzetta dello Sport’.

Il playmaker scuola Aurora Brindisi esordirà questa sera nella partita della Nazionale Senior Maschile al PalaBarbuto di Napoli contro la Russia nella prima finestra di qualificazione alla FIBA EuroBasket 2021. L’Italia, essendo uno dei paesi ospitanti, è già qualificata.

“Ho cominciato a fare basket a 3 anni.
I miei genitori mi portavano in una palestra vicino casa a Brindisi dove mi ritrovavo ad osservare ragazzini di 6-7 anni. Non riuscendo a segnare come loro cercavo di far canestro tirando con le mani da sotto. La passione per il basket l’ho presa da mio padre Fabio; era il capitano della Mens Sana Mesagne in Serie C.

I veri inizi sono stati all’Aurora Brindisi, poi ho fatto un anno alla Mens Sana Mesagne, quindi il passaggio alla Stella Azzurra Roma dove sono stato 2 anni. Prima di partire per un qualcosa che ancora oggi giudico assurdo. Penso a ciò che facevo qualche anno fa e oggi mi ritrovo nella cantera del Real Madrid. Feci una buona impressione ai loro tecnici durante un torneo a Tenerife, nel periodo della Stella Azzurra. Da quel momento, mi hanno seguito con maggiore attenzione. Fino ad arrivare a dicembre 2017.

Ero impegnato in un torneo a Belgrado, il giorno dopo noi della Stella avremmo incontrato il Real in finale. Mi chiama papà: ‘Il Real ti cerca, vuole che tu vada a vedere le loro strutture e farti firmare il contratto’. Gli chiesi se fosse uno scherzo. In ballo c’era il Real, non un club qualunque. Era tutto vero. Mi trasferii nell’estate 2018. Vivo nella foresteria ‘Ciudad Real Madrid’ che si trova nel Parco di Valdebebas, sono al liceo internazionale dove studiamo tutti noi ‘canterani’ di basket e di calcio. Ci alleniamo al pomeriggio, attorno alle quattro ore. Si lavora duramente, sul fisico e sulla tecnica. Al liceo studio spagnolo e inglese che comunque un po’ già conoscevo. Ora parlo le due lingue senza problemi, e capisco qualcosa di serbo. In foresteria ci sono ragazzi da ogni parte d’Europa. Saremmo settanta, sono l’unico italiano.

Ho sempre guardato Teodosić, Spanoulīs e Dončić anche se Luka solo da poco, lui ha appena 20 anni. Della NBA sono un fan dei Cavaliers, mi è sempre piaciuto Kyrie Irving ma il mio idolo sin da piccolissimo è stato LeBron.
Da noi non si parla d’altro che si Luka, d’altronde quello che sta facendo a Dallas è irreale. Lo vediamo come esempio da seguire. Ma non è così semplice. I miei obiettivi? Punto al massimo, quindi vorrei vedermi in NBA. È tosta, perché bisognerebbe essere un tipo alla Dončić. Però c’è sempre un percorso per arrivarci, diciamo che un primo step sarebbe giocare l’Eurolega. La Nazionale? Non mi aspettavo neppure la convocazione, figurarsi l’esordio”.