Roberto Brunamonti, capitano nonchè bandiera della Virtus Bologna che fu per 14 anni, si racconta dalle colonne del Corriere di Bologna
Il derby di Basket City è sicuramente l’evento più atteso del campionato italiano.
Virtus e Fortitudo torneranno a sfidarsi nella massima serie la notte di Natale nella casa provvisoria della Virtus, la Segafredo Virtus Arena. A tal proposito, una delle bandiere Virtus dell’epoca, Roberto Brunamonti, ha raccontato le proprie sensazioni riguardo i vissuti derby di Basket City:
“Ero il capitano, un ruolo che mi piaceva, soprattutto in un periodo importante. Era un qualcosa che sentivo molto, sono situazioni nelle quali vivi all’interno di una squadra e di una società a 360°. Non sei più solo quello che si allena e gioca le partite, ti immedesimi in tutto ciò che vi gira attorno.
Il derby? Dal punto di vista emotivo è una gara unica, il senso di appartenenza con le due squadre, già forte, si amplifica ulteriormente quando ci si incontra. Ho avuto la fortuna di giocarlo tante volte e sottolineo la parola fortuna perché non capita a tutti di poter disputare una gara del genere. Ero un simbolo rispettato anche dagli avversari ed ho sempre avuto il forte desiderio di ricambiare la cosa in qualche modo. Se per batterli dovevo fare un punto in più del necessario ero motivato a farlo, ma la premessa è stata sempre quella di ricambiare il rispetto che ricevevo.
Un ricordo? Un derby che giocammo e vincemmo proprio sotto Natale, con gli sfottò fra le tifoserie, ma è bello soprattutto l’interesse che genera e che non è ancora svanito. Sfida tra ricchi e poveri? Sì, però in parte ho vissuto anche il contrario. Quando cioè la Fortitudo divenne veramente ricca con l’avvento di Giorgio Seragnoli e quasi si sentiva un certo imbarazzo perché non potevano più dire quella cosa. Nel derby i budget non contano niente.
Teodosić? Ho sentito tante stupidaggini quando è stato preso, tipo che arrivava alla Virtus solo perché era rotto, ma io ne ero strafelice perché sapevo che la garanzia aveva un nome: Đorđević. È un campione ma anche come persona è straordinario, a dirlo sono i suoi compagni. Se hai fatto bene ovunque, oltre ad essere un fuoriclasse devi avere stoffa dentro”.